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Il cinema, nato alla fine del XIX secolo, come sappiamo, viene definito convenzionalmente come “settima arte”, là dove le altre sei che lo precedono sono:



   -1 Architettura

   -2 Musica

   -3 Pittura

   -4 Scultura

   -5 Poesia

   -6 Danza



Alla base dell’illusione ottica che noi chiamiamo comunemente “cinema”, sta la rapida successione di immagini le quali contengono una ripresa frazionata della stessa azione; le sequenze filmiche sono possibili grazie ad una nostra imperfezione degli occhi, cioè la “resistenza retinica”: l’illusione del movimento è data dallo scorrere, davanti ai nostri occhi, di ventiquattro immagini statiche al secondo, che vengono però da noi percepite come una sequenza in movimento. La cadenza dei ventiquattro fotogrammi al secondo, fu introdotta nel 1930 con il sonoro ed è lo standard attuale del cinema.



Rudolph Arnheim (1904 - 2007), critico d’arte tedesco, nel libro “Il film come arte” (1932), riprende le teorie di Ejzeinstejn e di Pudovkin sostenendo l’autonomia del linguaggio cinematografico, il quale deve comunque riallacciarsi a quello pittorico e teatrale, ma, nel contempo, mantenere la sua forma unica di movimento di immagini ripreso da più punti di vista.

 

In ordine da sinistra:


  1. -Arancia meccanica”, 1971

regia di S. Kubrick



  1. -Il settimo sigillo”, 1957   regia di I. Bergamn            


  1. -Tre colori: film blu”, 1993 regia K. Kieslowski


- “Il cielo sopra Berlino”, 1987 regia di W. Wenders

P. GreenawayEsposizioni_e_Luoghi/Voci/2009/1/16_Peter_Greenaway.html

Scene tratte dal film “Persona”, 1966

regia di I. Bergman



Una pietra miliare nella teoria e critica del cinema rimane senza dubbio André Bazin, fondatore dei Cahiers du cinéma. Nel suo saggio “Che cos’è il cinema?” spiega come il cinema  abbia il potere di dare un “senso di realtà” attraverso le luci e le ombre, la capacità di presentare l’immagine fotografica in senso “ontologico”.


Riflettere sul cinema, per Bazin significa cogliere, “come in uno specchio”, un riflesso del mondo, catturando la sostanza della realtà e non l’apparenza:  è così che il cinema moderno, grazie al piano-sequenza e alla profondità di campo comunica allo spettatore la concretezza del reale.


Fondamentali le teorie di Bela Balàzs, sceneggiatore e storico ungherese a cavallo tra Ottocento e Novecento, sulle differenze tra scena teatrale e scena cinematografica: mentre lo spettatore teatrale vede tutto lo spazio in cui la scena si svolge, quello cinematografico è costretto ad assistere alle scene scelte dal regista, andando rapidamente con lo sguardo da un luogo all’altro della storia narrata, mediante la ricostruzione delle varie scene in fase di montaggio;  è proprio lo strumento del montaggio, per Balàzs, che permette, oltre che di creare la realtà, anche di modificarla più di qualunque altro mezzo espressivo (cfr. “Il film”, 1952).



Due momenti de “Il vangelo secondo Matteo”, 1964

regia di P. P. Pasolini

Solitamente, come spettatori, siamo abituati ad assistere alla proiezione cinematografica seguendo principalmente ciò che viene narrato, ossia dando importanza esclusivamente alla trama del film; ma un film è costruito su di un’infinità di fattori.


Per capire è necessario sapere come nascono luce e colore, qual’è il meccanismo della macchina da presa e i vari tempi di una ripresa; quali sono i movimenti di macchina e quali le relazioni tra le varie inquadrature. E naturalmente risulta fondamentale il processo del montaggio delle varie scene: la sintesi degli elementi visivi e sonori che dà al film il suo aspetto definitivo.


A tale proposito, per coloro che vogliano approfondire le problematiche della tecnica cinematografica e poter apprezzare un film da angolazioni diverse, risulta utilissima la lettura del saggio di V. Pinel “Tecniche del cinema” edito da Marsilio Editori, un testo davvero esaustivo e completo che aiuta la comprensione del linguaggio cinematografico



Due scene tratte dal film “La foresta dei pugnali volanti” , 2004

regia di Z. Yimou



Lanterne rosse”, 1991

regia di Z. Yimou

... alcune riflessioni ...


Solitamente, l’idea del cinema nel pubblico è quella di identificare la proiezione cinematografica come una pura forma di svago e divertimento, una specie di sogno collettivo dove alla massa è possibile, per qualche ora, mettere da parte lo stress quotidiano; al contrario, un cinema di qualità, il cosiddetto “cinema impegnato”, pensato ed elaborato come espressione artistica, si rivolge ad un pubblico che è alla ricerca di riflessione anziché di evasione.



Non vi è dubbio che risulterebbe molto più semplice “guardare” senza riflettere e senza un impegno particolare nell’apprendimento della visione, ma  senz’altro noi, come fruitori, dovremmo almeno sforzarci di “leggere” ciò che sta dietro l’immagine proiettata sullo schermo, tentando di cogliere quel messaggio che l’autore, attraverso la complessità della sua opera fatta di figure, luoghi, ombre, luci e suoni, vuole comunicarci.


Pasolini considerava il cinema come lo strumento che permette di compiere la semiologia del linguaggio della realtà.



Quando viene creata un’immagine, non è importante l’oggetto rappresentato ma ciò che sta dietro a questo oggetto; l’immaginazione, nel momento in cui costituisce il reale, lo supera.





“Nighthawsks”, 1941

E. Hopper



I vostri commenti:


Ciao, che interessante!  Ho letto l'articolo sulla  Settima Arte ! Però il podcast non lo vedo ancora..ma siete riusciti a caricarlo o  è un problema mio?


E' veramente un bel sito brava!


ciao Laura





Ho visto che hai ampliato il  sito. La sezione cinema è anche molto bella. Sei davvero brava. Volevo segnalarti come problema che rilevo una certa lentezza nel muoversi nel sito: è un problema che ho solo io?


Ciao


Roberto

Le immagini fotografiche sono tratte da INTERNET

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