“I tre filosofi”, oggi a Vienna, è una delle opere più sicure di Giorgione.
Fu dipinto forse per il gentiluomo veneziano Taddeo Contarini, nella cui casa lo registrò, nel 1525, Marcantonio Michiel.
Ad ogni passaggio di proprietà del quadro, annotazioni di catalogo accompagnano l’opera: i tre personaggi vengono via via identificati con i “phylosophi”, “astronomi e geometri che contemplano e misurano”, “matematici che misurano l’altezza del cielo”, fino a precisare che i tre personaggi della tela sono “i Saggi dell’Oriente”, i “Re Magi”.
Queste più antiche interpretazioni mettono in evidenza due punti: l’abbigliamento esotico e l’attitudine contemplativa, però armata di “strumenti per misurare”.
Nel 1886, in una lettera riportata nel volume di Carl von Lutrow sulla Galleria imperiale e Regia di Vienna, il quadro veniva letto come “le tre età del sapere umano”:
il vecchio, la filosofia antica (forse Aristotele);
il personaggio di mezzo, la filosofia medievale (forse Avicenna o Averroé);
il più giovane, la filosofia del Rinascimento.